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La roue (La rosa sulle rotaie, 1922), Abel Gance

  • Immagine del redattore: Vittorio Renzi
    Vittorio Renzi
  • 8 nov 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

Garden of silence_La-Roue

SINOSSI: Sisif (Séverin-Mars), che lavora nelle ferrovie, in seguito a un disastro ferroviario raccoglie la piccola Norma che ha perso la madre nell’incidente e la cresce come fosse sua figlia, insieme al suo vero figlio, il piccolo Elie. Quando Norma diventa grande (Ivy Close), Sisif se ne innamora. Elie (Gabriel de Gravone) e Norma sono felici insieme, e lui sogna di diventare un grande costruttore di violini e di sposare una donna bella come Norma. Ma Sisif decide di allontanare Norma da sé e da Elie, dandola in moglie al ricco ingegnere Jacques de Hersan (Pierre Magnier), che Norma però non ama. In seguito a un incidente con la sua locomotiva, che lui stesso provoca, Sisif viene trasferito in una piccola baracca sul Monte Bianco, assieme al figlio, e affidato a una funicolare. Ma un giorno Norma e Hersan li raggiungono e scoppia la tragedia.

"Esiste un cinema prima e dopo La Roue, così come esiste una pittura prima e dopo Picasso." (Jean Cocteau)


Parlare di La Roue significa parlare di una magniloquenza visiva e di una sperimentazione pionieristica spinte al loro limite da Abel Gance, ancor prima del suo Napoléon (Napoleone, 1927): riprese in esterni, sovrimpressioni e lirismo estremo delle immagini, oltre a diverse tecniche di montaggio. A livello narrativo Gance si serve qui di un classico impianto da melodramma, dove però il tema dell’incesto - anche se non si tratta di un legame di sangue vero e proprio - finisce per esasperare i caratteri e le tensioni, spingendo il tutto verso la follia (del protagonista, ma anche del geloso Hersan). Le riprese (durate un anno) sono state in buona parte realizzate in esterni, presso uno snodo ferroviario vicino alla stazione di Nizza e, successivamente, sulle Alpi. La giovane moglie del regista, malata di tubercolosi, morì subito dopo e Gance si recò negli Stati Uniti per conoscere D.W. Griffith. Ispirato da quell'incontro, tornò in Francia e passò un altro anno alla moviola per montare il suo mastodontico film che, originariamente, doveva durare circa 8 ore (oggi si può vedere il film nella sua versione pressoché originale di 4 ore e mezza nel DVD americano della Flicker Alley).

Ed è in particolar modo nelle sequenze emotivamente più forti che Gance si avvale delle tecniche di montaggio apprese da Griffith e portate alle loro estreme conseguenze: le immagini di treni, binari e volti umani si alternano sempre più rapide fino a divenire quasi subliminali, in uno sperimentalismo accanito – ma mai fine a se stesso – che lascia a bocca aperta il pubblico di allora (ma anche lo spettatore di oggi), tanto da influenzare gran parte del cinema francese e mondiale, non esclusi Ejzenštejn e Pudovkin, che si recarono apposta a Parigi per conoscere il regista francese. Scrisse ad esempio Jean Epstein: "(...) le corse delle ruote in La Roue sono le frasi più classiche scritte finora nel linguaggio cinematografico". (1)

Prima ancora che fosse utilizzato e codificato da Ejzenštejn, in La Roue Gance sperimenta, fra le altre cose, anche un esempio primigenio di quello che sarà poi il montaggio delle attrazioni sovietico e eisensteiniano: nella seconda parte, quando Sisif, ormai quasi cieco, è stato inviato sul Monte Bianco a guidare un lento treno funicolare, in una delle sequenze in soggettiva della locomotiva, vediamo sovrapporsi alle rotaie l’immagine di una lumaca. Nella percezione di Sisif, la lentezza, corrisponde non soltanto al drastico mutamento di velocità del mezzo, ma anche al degrado della propria esistenza, al suo avvicinarsi lentamente ma inesorabilmente alla fine.

Il titolo originale del film è spiegato da una didascalia introduttiva che cita Victor Hugo: “La Creazione è una Grande Ruota che non si muove senza schiacciare qualcuno."


Il film è edito esclusivamente dall'americana Flicker Alley

in doppio DVD (Regione 1)





La roue

(La rosa sulle rotaie)

Francia, 1922

regia e sceneggiatura: Abel Gance

soggetto: romanzo Le Rail (1912), di Pierre Hamp

fotografia: Léonce-Henri Burel

montaggio: Marguerite Beaugé, Abel Gance

musica: Arthur Honegger; Robert Israle [2008]

scenografia: Robert Boudrioz

produzione: Charles Pathé, Abel Gance, per Films Abel Gance

durata: 273’ , 20 rulli [restauro 2007];

dur. originaria: 450', 36 rulli, poi ridotti a 12.

cast: Séverin-Mars, Ivy Close, Gabriel de Gravone,

Pierre Magnier, Georges Térof, Max Maxudian, Gil Clary

première: dicembre 1922, Parigi (versione in 36 rulli)

data di uscita: 17 febbraio 1923 (versione in 12 rulli)

(1) Jean Epstein, in Il cinematografo visto dall'Etna, in J. Epstein, L'essenza del cinema, B&N, 2002, p. 51.

 
 
 

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