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Easy Virtue (Fragile virtù, 1927), Alfred Hitchcock

  • Immagine del redattore: Vittorio Renzi
    Vittorio Renzi
  • 9 dic 2015
  • Tempo di lettura: 4 min

Garden of Silence - Easy Virtue (1928)

SINOSSI: Il vizio dell’alcool del marito spinge Larita Filton (Isabel Jeans) a finire tra le braccia dell'artista che sta realizzando il suo ritratto. Scoperta dal marito e caduta in disgrazia in seguito a un divorzio che attira la morbosa attenzione dell'opinione pubblica, Larita decide di fuggire nel sud della Francia per cominciare una nuova vita. Qui, conosce John Whittaker (Robert Irvine), un onesto giovane inglese che decide di sposare. Rientrati a Londra, Larita e John si ritroveranno contro la madre di lui, che desiderava che il figlio sposasse la dolce Sarah. Finché il passato di Larita non viene a galla.


Il gusto tipicamente hitchcockiano per il gioco, per il bizzarro e per l’astratto si rivela qui sin dalla prima inquadratura: quella di un oggetto bianco, lanoso, di forma semicircolare che spicca su uno sfondo nero. Subito l’“oggetto” inizia a ruotare all'insù e si rivela essere la testa imparruccata di un giudice. Dopo averci mostrato un’aula gremita di gente, il regista torna sul giudice, mentre solleva il suo monocolo. Attraverso una soggettiva del suo sguardo nel monocolo (trucco ripreso dal suo primo film, The Pleasure Garden (Il giardino del piacere, 1925), individuiamo il pubblico ministero, anch'esso imparruccato, che sta parlando. E subito dopo, la ripresa sfocata di una donna al banco dei testimoni ci rivela la miopia del giudice, che di nuovo alza il monocolo per mettere a fuoco la protagonista femminile del film, Larita Filton. Mentre la donna risponde alle domande del pubblico ministero, il giudice sbadiglia di noia. Il primo piano di un decanter, presentato dal procuratore come prova, diviene l’oggetto che innesca il flashback di tutta la vicenda: il decanter ora è nelle mani di un altro uomo, in un altro luogo e tempo rispetto al tribunale. La cinepresa indietreggia lentamente fornendoci man mano più informazioni. Mentre un uomo si versa da bere, a sinistra compare una donna, la stessa Filton, in abito da sera, seduta immobile. Mentre ci chiediamo la ragione di questa innaturale immobilità, la cinepresa, ancora indietreggiando lascia entrare in campo un secondo uomo, un pittore, che sta ritraendo la donna. Ed ecco dunque la ragione della sua immobilità. Seguono poi una serie di primi piani sui tre personaggi. L’ultimo di questi, sul marito di Larita, ci riporta in tribunale.


Easy Virtue è il sesto dei nove film muti di Hitchcock (dieci, contando il primo, Number Thirteen, che però non fu mai portato a termine) e l’ultimo girato per la casa di produzione Gainsborough. Fu accolto freddamente dalla critica e al botteghino fu un mezzo fiasco. Basato sul testo teatrale di Noel Coward, il film vede protagonista Isabel Jeans, che aveva già interpretato il precedente Downhill (Il declino, 1927), insieme a Robert Irvine, e che tornerà poi in un ruolo secondario in Suspicion (Il sospetto, 1941). In merito a Easy Virtue Hitchcock dichiarò a Truffaut (che non lo aveva ancora visto): “E’ il più brutto soggetto che abbia mai scritto, a tal punto che ho perfino vergogna a raccontarlo”. (1)

Un soggetto che lo interessava poco e così Hitchcock, non appena può, lo esorcizza col suo caratteristico umorismo. Un esempio: i due giovani si baciano in una carrozza nei pressi di una veduta panoramica? Un tale romanticismo richiede subito un contrappeso: ecco dunque che anche i due cavalli della carrozza si mettono naso contro naso fra loro. Una telefonata piena di frasi smielate è troppo noiosa da mostrare? Ecco dunque che Hitchcock sceglie di rendere conto di quell'idillio senza mai inquadrare i due amanti con la cornetta alzata, e di riferirci invece la loro conversazione tramite le orecchie curiose della centralinista in un long take durante il quale assistiamo al climax della conversazione, aiutati non solo dalle didascalie, ma dalle diverse espressioni della centralinista che si immedesima nella conversazione, come fosse uno sguardo/orecchio sostitutivo - e rappresentativo - di quello dello spettatore.

Hitchcock indulge in almeno due primi piani con sguardo in macchina, onde evidenziare un particolare stato d’animo della protagonista, una donna che suscita l’ammirazione degli uomini e la gelosia o il sospetto nelle donne. In particolare, quando essa si sente disapprovata, o teme d’essere riconosciuta e giudicata. Insomma il tipico stato d’animo alterato della paranoia, così ricorrente nel cinema del maestro inglese. La madre del fidanzato è presentata come uno spietato villain: verrebbe da pensare che, se potesse, Hitchcock le metterebbe in mano un’arma e le farebbe commettere senz’altro un omicidio. Gli occhi sempre sbarrati, e sopracciglia inarcate, lo sguardo crudele... Non c’è molto altro di interessante in questo melodramma, le cui scene in esterni furono girate in parte in Costa Azzurra e sulle Alpi Marittime.


Delle edizioni italiane in DVD attualmente reperibili segnalo

quella di Koch Media (2012) e quella Eagle (2005),

che contiene anche il film Fiamma d'amore.





Easy Virtue

(Fragile virtù)

a.k.a. Virtù facile

Gb, 1927

regia: Alfred Hitchcock

soggetto: lavoro teatrale di Noel Coward

sceneggiatura: Elliot Stannard

fotografia: Claude McDonnell

montaggio: Ivor Montagu

scenografia: Clifford Pember

produzione: Michael Balcon, per Gainsborough

durata: 80’/89’ (7 rulli, 7392 piedi)

cast: Isabel Jeans, Franklin Dyall, Eric Bransby Williams, Ian Hunter,

Robin Irvine, Violet Farebrother, Frank Elliott, Dacia Deane, Dorothy Boyd, Enid Stamp-Taylor, Alfred Hitchcock

data di uscita: agosto 1927

(1) François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Parma, Pratiche, 1985, p. 45.


 
 
 

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