Ingeborg Holm (1913), Victor Sjöström
- Vittorio Renzi
- 23 gen 2016
- Tempo di lettura: 5 min

SINOSSI: Sven Holm (Aron Lindgren) e la moglie Ingeborg (Hilda Borgström) sono una coppia felice con tre figli e stanno per aprire un negozio di alimentari a Stoccolma. Ma Sven si ammala e muore di lì a poco. Ingeborg tenta inizialmente di portare avanti gli affari da sola, ma, sommersa dai debiti, è costretta a chiudere il negozio e a lasciare la casa per andare in un ospizio per poveri, per viverci e lavorarci. Inizialmente porta con sé i tre figli, ma ben presto i servizi sociali la obbligano a darli in affidamento a famiglie facoltose. Quando, poco tempo dopo, le giunge notizia che la figlia più piccola si è ammalata, Ingeborg fugge di notte dall’ospizio per raggiungerlo, ma sulla strada del ritorno viene arrestata e ricondotta indietro. La sua mente, sconvolta dal dolore, subisce infine il colpo definitivo quando la figlioletta, oramai guarita, portata in visita dalla madre affidataria, non riconosce più la sua madre naturale.

Proveniente dal teatro, Sjöström fece il suo debutto al cinema, come attore, nel 1912 e l’anno seguente come regista. Sfortunatamente, ben 25 fra i suoi primissimi film, fra il 1913 e il 1916, sono andati perduti in un incendio, insieme ai negativi di moltissimi altri film del cinema svedese delle origini. Ingeborg Holm, oltre al cortometraggio dell’anno precedente, Trädgårdsmästaren (The Gardener, 1912), è l’unico tra i film dell'anteguerra di Sjöström ad essere sopravvissuto. Lo sceneggiò, insieme al regista, Nils Krok, che aveva lavorato come assistente sociale e poi da quelle sue esperienze aveva tratto un dramma omonimo che lo stesso Sjöström aveva portato sul palcoscenico qualche anno prima. Alla Svenska Bio di Charles Magnusson, viene data ampia libertà creativa a Sjöström e agli altri registi della squadra, fra cui spiccano Mauritz Stiller e Georg af Klercker. Come scrisse lo stesso Sjöström:
Avemmo anche la grande fortuna di lavorare per uno studio il cui presidente, Charles Magnusson, era un uomo intelligente. Così intelligente, in effetti, che alla fine si rese conto che il modo migliore per rapportarci a noi fu quello di lasciarci in pace, di fidarsi di noi e di lasciarci fare ciò che volevamo, ciò che ritenevamo giusto fare. In altre parole, ogni film che realizzammo fu un’opera individuale. Questo fu indubbiamente una manna sia per noi che per il nostro lavoro. (1)

Come la stragrande maggioranza dei film di quell’epoca, Ingeborg Holm è costituito da inquadrature fisse in cui l’azione avviene, però, non solo su un unico livello spaziale, come fosse il proscenio teatrale, bensì utilizzando la profondità di campo, tramite la messa a fuoco dell’intera porzione di spazio inquadrata. Ci sono sempre dei personaggi che si muovono sullo sfondo, mentre Ingeborg è lì, in primo piano, che abbraccia uno dei suoi figli nell'ospizio per poveri, o si china sul piccolo malato nella casa della madre affidataria. Si tratta di long take in cui le vicende individuali si inseriscono in un ambiente vivo, e avviene questo ricambio, questa osmosi tra la vita psicologica della protagonista e la vita in sottofondo di tutti gli altri, come fosse un rumore d’ambiente che serve a mettere in risalto la prima: "Il film possiede una tensione e una convinzione inusuali in quel periodo e dimostra la prontezza da parte di Sjöström nel portare la macchina da presa in esterni a nel raggiungere l'autenticità fin nei più minimi dettagli". (2)
E quando poi Sjöström inizierà a girare in mezzo alla natura, sarà ancora maggiore l'intrecciarsi fra lo scavo psicologico dei personaggi e l'ambiente che li circonda e li rispecchia: il mare di Terje Vigen (A Man There Was, 1917) o le montagne di Berg-Ejvind och hans hustru (I proscritti, 1918). Un aspetto, questo, che rese famoso in tutto il mondo il cinema svedese. A stupire ancora oggi è poi il timbro fortemente realistico e naturale della recitazione, in particolar modo della protagonista, Hilda Borgström. Considerata la struttura da melodramma - per quanto naturalistico e d'impronta sociale - del racconto, un tale timbro recitativo, modulato con un accortissimo "risparmio” in termini di gestualità ed espressioni del volto, è veramente sorprendente in un film di quegli anni, quando cioè la mancanza della parola e della voce erano ancora avvertite come un difetto del medium a cui bisognava supplire in tutti i modi possibili: solo più tardi, quando maturerà la consapevolezza del cinema come arte a sé, verrà dato valore all'assenza della parola, al punto che saranno poi in molti a vedere di cattivo occhio il passaggio al sonoro. Ebbene, questo film è uno dei primissimi esempi di tale consapevolezza.

Scrisse George Steiner in Morte della tragedia che, con l’avvento della borghesia e la scomparsa di dei ed eroi, scompare la tragedia come genere e nasce il dramma (o il melodramma) borghese. Dramma che non è certo meno “tragico” nel mettere in mostra l’accanimento della società nei confronti del singolo, nel momento in cui cade in disgrazia e si ritrova è solo e bisognoso d’aiuto. Laddove nell’antichità erano il fato o gli dei capricciosi a punire la hybris dell’eroe schiacciandolo a terra per il puro gusto di poterlo fare, nell’era moderna è l’anonimo e glaciale potere normativo e istituzionale a schiacciare gli individui, quando e se applicato indistintamente e senza compassione alcuna. In tale condizione esso si tramuta allora in un mostro senza testa e senza cuore, un mostro di indifferenza che, allo stesso modo dei suoi antenati mitologici, schiaccia a terra gli individui che finiscono nel suo ingranaggio. Dunque la vicenda di questa donna, così tragicamente e anonimamente comune, viene per l’appunto mostrata in questa sua non eccezionalità, da Sjöström. Ed è questo l’aspetto più rivoluzionario di un film come Ingeborg Holm.

Peter Von Bagh, il compianto direttore artistico del Cinema Ritrovato di Bologna, scomparso nel 2014, può aiutarci a contestualizzarlo e a comprenderne ulteriormente l’importanza:
Mi domando se ci sia nessun altro film del 1913 così duro, così definitivo nel suo enunciato sociale, o così moderno nel gesto quanto Ingeborg Holm. [...] La follia, nel 1913, era già stata mostrata al cinema, ma solo per produrre impressioni forti, mai come la presentazione di un caso clinico. Ingeborg Holm si spinge ancora oltre: presenta a un tempo due forme di malattia, il caso individuale di una donna sfortunata, punita per le sue modeste origini, e la malattia del corpo sociale. Lo straordinario registro narrativo e compositivo di Sjöström è già tutto qui: un duro e documentato quadro sociale si combina con la rappresentazione compiuta di una vita individuale, penetrando fin nel profondo d'una mente. Nessun altro, nella storia del cinema, era mai arrivato a tanto. Le sue strategie di messinscena padroneggiano l'intera gamma espressiva, dal naturalismo al linguaggio sperimentale, inclusa una sorprendente capacità di assorbire la lezione della miglior letteratura e del miglior teatro dell'epoca. (3)

Hilda Borgström, che all'epoca era già considerata una delle più grandi attrici svedesi, anche lei come il suo regista proveniente dal teatro e, prima ancora, dalla danza classica. Non a caso Sjöström la rivolle accanto a sé al momento di girare Körkarlen (Il carretto fantasma, 1921). Né la sua fama calò nei decenni successivi, dal momento che persino un giovane Ingmar Bergman si ricordò di lei e la chiamò per Musik i mörker (Musica nel buio, 1948). Hilda Borgström si dedicò poi all’insegnamento della recitazione, presso quella stessa accademia, dove lei stessa l’aveva appresa, la Royal Dramatic Theatre di Stoccolma.
Ingeborg Holm fu distribuito nelle sale italiane col titolo Calvario di una madre.
Il film è reperibile nel DVD italiano Ermitage o nel DVD americano Kino, (regione 1) in coppia con A Man There Was.

Ingeborg Holm
a.k.a. Calvario di una madre / Margaret Day
Svezia, 1913
regia: Victor Sjöström
soggetto: dramma omonimo di Nils Krok
sceneggiatura: Nils Krok e Victor Sjöström
fotografia: Henrik Jaenzon
musica: David Drazin
produzione: Charles Magnusson, per Svenska Biografteatern
durata: 72' (5 rulli)
cast: Hilda Borgström, Aron Lindgren, Erik Lindholm,
Georg Grönroos, William Larsson, Richard Lund, Carl Barcklind
distribuzione: 27 ottobre 1913

(1) Bo Florin, Regi: Victor Sjöström / Directed by Victor Sjöström, Stoccolma, Svenska Filminstitutet, 2003, p. 66.
(2) Peter Cowie, Swedish Cinema, London/New York, Zwebber/Barnes, 1966, p. 20.
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